giovedì 24 gennaio 2013

Approdiamo al Caffè letterario



Sabato 2 febbraio, ore 19,30, a "Il Caffè letterario" di via San Bernardino 53, a Bergamo, presentazione con aperitivo del libro edito da Comixrevolution "Amarcade - ricordi e fantasie della prima età del videogame".

L'autore Gianlorenzo Barollo e l'illustratrice Cristina De Milato saranno lieti di deliziarvi con facezie collaterali e invenzioni pronte all'uso ricordando la stagione giocosa degli arcade a cento lire.

Quindi scaldate i vostri ricordi di Space Invaders, Pong, Pac Man, Donkey Kong, Gyruss e compagnia cantante, magari con qualche brano dei Bee Gees o dei Clash. Vi attendiamo numerosi per un piccolo viaggio nel passato, in quella regione digitale oltre i confini della realtà che si è manifestata in Italia a cavallo degli anni '70 e '80.

Insert coin

domenica 13 gennaio 2013

Amarcade story: Tose snk



Quella della Tose è una storia tutta giapponese che meriterebbe un libro a parte o forse un’indagine da raccontare in un documentario per la seconda serata. Che dire infatti di una società che entra nel mercato dei videogiochi nel 1979 sforna oltre mille titoli, ma senza apporre sigle, limitandosi a pochi credits? Una società fantasma? Tutt’altro perché i suoi prodotti sono ben visibili e giocabili, ma quando si vuole guardare oltre lo steccato ecco che, slap, tutto si fa buio.

Umiltà orientale? Modestia aziendale? Concorrenza sleale? Di fatto questa intrigante cortina di discrezione sfiora la segretezza. La Tose di Kyoto si potrebbe definire una società ninja, antesignana del sistema produttivo nell’era della globalizzazione: studia e fabbrica in silenzio, tesse alleanze e distribuisce in tutto il mondo, incassa senza grancassa. Quando i vertici affermano che la loro politica è il basso profilo, l’assenza di visibilità è ovvio che la curiosità sale. Per essere da tanto tempo in un mercato che non dà tregua la Tose sa il fatto suo, ha sviluppato una strategia che forse, più che allo stile ninja si riallaccia ai guerrieri ronin, professionisti senza padrone, simboli di libertà e indipendenza in un mondo che non apprezza chi sta fuori dalle regole.

martedì 8 gennaio 2013

Amarcade story: Atari


A volte diamo un po' le cose per scontate e questo è uno di quei casi. Ho iniziato la serie - Amarcade story - senza una debita introduzione. Con tale etichetta vorrei raggruppare gli articoli dedicati ai produttori di videogames del periodo, ossia gli ani '70 e '80, che hanno fatto la storia dei primi coin op. Si tratta di materiale che faceva parte del libro ma per ragioni di spazio e leggibilità è stato tagliato. Quello odierno è riservato a uno dei big in assoluto. Come si diceva una volta: basta la parola... ma l'effetto è ben diverso.


Dici Atari e ti si apre un mondo di ricordi e riferimenti. E non solo perché parliamo di un’azienda di avventurosi pionieri nella savana inesplorata del continente videoludico, ma perché costoro hanno marchiato a lettere di fuoco un angolo preciso dell’immaginario collettivo. Se “consultate” per l’ennesima volta la vostra copia di Bladerunner di Ridley Scott noterete come nelle strade piovose, tra umidità e nebbie spunti la calda insegna al neon di Atari.
Il regista era convinto che sarebbe stata una delle aziende più longeve, augurando implicitamente lunga vita anche al settore del videogaming. Il 2016 non è poi così lontano e anche se Atari non è un colosso globale, vanta titoli di notorietà internazionale. Non è escluso che qualche replicante in orbita alle porte di Tannhauser possa migliorare i record di Asteroids prima di quella fatidica data.

Ma iniziamo dalle cose note: Atari come tutti ormai sanno è l’equivalente giapponese dello “Scacco matto” (o meglio la situazione in cui l’avversario è sorpreso in una posizione senza via d’uscita). Non è chiaro se i fondatori della società, Nolan Bushnell e Ted Dabney, abbiano scelto questo termine come ponte tra le due nazioni più lanciate nel settore dell’elettronica di consumo. E’ più probabile che la parola, oltre ad essere semplice e “catchy”, voglia esprimere la volontà di dare “scacco matto” al nascente mercato del videogaming. Atari nasce infatti nel 1972, senza precedenti passaggi nel settore manifatturiero, nei suoi magazzini - se mai li ha avuti - non c’erano flipper o tirassegni arrugginiti, quindi la società non deve convertire laboratori, nè addestrare personale per la rivoluzione elettronica.

Un vantaggio iniziale non da poco, ma alla lunga anche una debolezza. Infatti quando la sua pietra miliare, il Pong, fa il botto, si trova a dover gestire un successo gigantesco con una rete distributiva tutt’altro che appropriata. Quando la sua console, l’Atari 2600, brama di ogni famiglia con figlioletti a carico, i costi e i tempi di consegna si tramutano in pesanti zavorre. Certo questo è quanto si percepiva qui, alla periferia dell’impero, in Italia. Ma credo ci sia poco da obiettare. Come spiegare altrimenti il tracollo della metà degli anni ‘80 se non tirando in causa un management eufemisticamente poco oculato.

Atari però sopravvive, il marchio è troppo importante ed evocativo per svanire. Finisce inglobato nella pancia di pesci più grossi come Hasbro e Infogrames. Un trofeo storico, il simbolo dell’età dell’oro quando ogni partita era un tuffo nel regno della meraviglie e Atari la parola magica che ne schiudeva i cancelli del sogno ad occhi spalancati.

venerdì 4 gennaio 2013

Amarcade story: Konami, la piccola onda





La società Konami, che oggi è nota globalmente per la serie di Metal gear, è nata nel 1969 a Osaka. Un inizio comune a molti nel ramo del noleggio dei jukebox e delle riparazioni di distributori automatici è fiorito come i tradizionali ciliegi giapponesi fino a comporre uno straordinario bouquet di attività che spaziano dall’animazione alle carte da gioco, dai telefilm di eroi mascherati alle slot machine.
Una duttilità negli interessi che rispecchia la composizione societaria, infatti la Konami (parola che in giapponese significa “piccola onda”) è la sigla formata dalle iniziali dei cognomi dei quattro fondatori Kozuki, Nakama, Matsuda, Ishihara. Proprio come nei Fantastici quattro occorre un cervello che sappia pilotare il gruppo anche alla Konami c’è un Mr Fantastic: questo era Kozuki che nel 1973 decide di cavalcare l’onda delle arcades. Per cogliere il successo serviranno anni di duro lavoro, ma il 1981 è il tempo del raccolto con titoli come Frogger, Scramble, Time Pilot, Gyruss e Super Cobra.
Nello stesso periodo la società intuisce il futuro sviluppo dell’intrattenimento elettronico e si lancia nella produzione di software ludico per l’effervescente mercato degli home computer e delle console. Un doppio binario - quello casalingo e quello arcadico - che ha permesso alla Konami di superare gli scogli più ardui fino a sbarcare negli Stati Uniti. Ricordiamo che sotto le sue insegne sono stati prodotti videogiochi tratti da I Simpson, G. I. Joe, Batman, The Goonies e Silent Hill.
Una prosperità che alla fine degli anni ‘90 ha accusato una battuta d’arresto con la chiusura della sezione arcade statunitense. Da menzionare comunque il patto siglato nel 2003 con la storica casa cinematografica Toho per la creazione di serie tv di tokusatsu (supereroi mascherati, stile Power rangers per intendersi).
Konami resta oggi uno dei big nell’industria dei videogame e, a quanto pare, anche nella produzione cinematografica visto che sta lavorando per portare sul grande schermo i suoi successi Castelvania e Metal gear.

Foto I tuoi occhi sono fari brillanti by Mr Kyl