venerdì 28 dicembre 2012

Amarcade story: Namco




Ci credereste? In Giappone la corsa per il successo nelle praterie degli arcade inizia in sella a un cavallo a dondolo meccanico nei grandi magazzini a Yokohama. E’ la corsa della Namco (poi Namco Bandai Games) fondata da Masaya Nakamura per far trottare gli inquieti pargoli mentre mamma e papà facevano le compere.

L’impero del videogioco poggia le sue basi su queste prime pile di monetine. Basi solide visto che il tuffo di Namco nell’intrattenimento elettronico giunge nel tardo 1974 con l’acquisizione della divisione giapponese di Atari. I primi titoli autoprodotti arrivano nel 1978, ma è nel 1980 che viene posata la pietra miliare degli arcade: Pac Man.

Namco diventa un colosso mondiale che flirta con il settore delle consolle casalinghe ma non abbandona i prodotti “on the road”, anzi sforna nuovi arcade superando la crisi della metà degli anni ‘80. In particolare firma arcade per multigiocatori, simulatori di guida (in accordo con Mazda e Mitsubishi) e rafforza la sua posizione nei luna park e sale giochi istituendone di nuovi, a Osaka e Tokyo.

Negli anni ‘90 Namco si proietta sui giochi 3d (che diventano la nuova frontiera dell’intrattenimento virtuale) e produce il picchiaduro Tekken che farà scuola. La crescita di Namco prosegue imperterrita in questi ultimi anni spostandosi nel cinema e nella redditizia dimensione dei telefoni cellulari.
Da rimarcare poi il matrimonio con Bandai, che oltre a una dote di videogame porta un ricco e rinomato catalogo di giocattoli. Basterebbe citare la parola Gundam per aprire la porta di un universo parallelo fatto di meraviglie del modellismo. Ma, come si dice, questa è un’altra storia.

foto: The turning point by mr Kyl

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